lunedì 31 dicembre 2012

VULcanologia femminile

Non sono sparita, sono viva.
Viva e vegeta dicono, con qualche chilo in sovrappeso, ancora per poco.
Ma li ho.

In realtà non è grasso quello sui fianchi, è amore che ho da dare. 
Il casino è che può essere smaltito solo facendo del DS&G
Non esistono diete, all'amore non si sfugge. 
Può capitare di avere un sovraccarico e bisognerà esplodere prima o poi.
Come il Vesuvio, l'unico vulcano con eruzione ad esplosione. 
E' dal 1944 che non erutta, quando lo farà ce lo ricorderemo bene.
Credo.

Quindi, la Signora VaGina è un vulcano. Non il Vesuvio, forse l'Etna. 
E poi dipende dalla situazione. 
E qui mi fermo, non vado oltre, potrei cadere nel porno, il passo è breve. 

Stavo notando che VULcano ha le prime tre lettere uguali a VULva.
Strano no?
La tua, quindi anche la mia, VaGina è un VULcano. 
Bello.

"Ho gli occhi azzurri come il mare e non come la pece.
Idiota."

L'Italia è un paese ad alto tasso sismico. 
Lo sapevi? 
L'ho scoperto sta mattina mentre facevo ripetizioni di geografia.

Non sono sparita, dicevo. 
Ho solo avuto un periodo problematico. 
Ho perso Cico, lo credevano morto invece era solo al canile.

Abbiamo la capacità di distruggerci ogni giorno di festa in meno di cinque minuti.
A casa mia è arrivata questa moda e non si tradisce.
Ci siamo lasciati contagiare tutti, arresi davanti all'orrenda tradizione.
Un binomio perfetto: festa e musi lunghi zuccherati d'insofferenze.
Che bello eh?

Io son stufa e non poco. 
Qui nessuno sembra volersi rassegnare e capire che lottare contro i mulini a vento non porta a niente di buono. Lo spagnolo a cavallo che ha provato, c'è morto, volevo ricordare.

Ho in sottofondo Tiziano Ferro, voglio rimanere immobilizzata su questo divano, adesso.
E' seguito da Nek. 

Rido, ricordando il giorno che raggiante e bella nel mio vestito blu sono entrata nel negozio più YEAH dicendo: "Hai percaso l'ultimo cd di Nek?" 
Non so se mi hanno preso sul serio, spero di no. 
Nel dubbio non me ne frega una mezza cippa e continuo a fare gli affari miei.

Ho il telefono in mano da qualche ora, spero in un tuo sms o in una chiamata che smentisca quello che mi hanno detto. 
La gente è stupida e le patatine fritte sono buone. 

Gli uomini vanno cambiati spesso.
Nel mio caso basterebbe cominciare con uno.
Poi, per cambiare c'è tempo. 
Dopo sei mesi di astinenza, finire nella menopausa è un attimo.

Io credo nell'amore e nell'amicizia che questo duemila12 mi ha regalato.
Grazie.
Ricordatevi.


Questo è per voi, donne.
Per noi, single.
Per l'innamorate con i boccoli e la piastra.
Per la bellezza di quelle donne che si perdono nelle lenzuola altrui.
E' per le zie.
E per le ciabatte, grazie a chi le ha inventate.

lunedì 17 dicembre 2012

Mi Ritrovo A Mentire

Non ho più cose da dire.
Cose belle, stuzzicanti.
E' come se mi fossi bloccata.
Ma non so.
Cambierà qualcosa spero.

Un sacco di cambiamenti in questa casa, dentro di me. Troppi

Non ho più la voce, ho un dolore alla gola che mi fa paura.
Non parlo e se lo faccio mi vengono i brividi.
Ho paura e di cosa già so.
Si chiama solitudine, paura di non trovare nessuno che mi coccoli la sera quando torno.
Quando sfinita casco sul letto e i pensieri sfumano fuori dal mio corpo.

Ho bisogno di abbracci e coccole.
Ho schifosamente bisogno di qualcuno che si occupa di me, che mi renda partecipe della sua vita e che mi permetta di raccontare la mia.
Sono egoista, già so.


E mi tormento perchè non ho più idee carine e belle da scrivere.
Mi vengono in mente solo cose scontate e sembra che le frasi interessanti che attirino la tua attenzione, io, me le sia scordata.

Mi c'ero abituata, stronzo.
Così abituata che quando passi e m'ignori, asfalti tutta la mia femminilità.
E poi passo, cerco il tuo sguardo e non c'è.
Rubato. Sconvolto.

E io? Io sono triste, perchè tu non sei qui.
Perchè le parole non sono diventate realtà e mi ritrovo a mentire.
Ancora.



mercoledì 12 dicembre 2012

Parole a caso, in un post qualsiasi. Con frasi sconnesse.

"Non ho più notizie di te nè tu di me. 
Non so se era abitudine, consuetudine, se era dirsi le cose, stare bene. 
So che era come se fosse stato per sempre.
Cosa c'è che non va che non torna? 
Che se ne sta andando via? 
Secondo me sono gli oggetti che complicano le cose, così inanimati, così fermi, eppure piccoli irrinunciabili prolungamenti di noi stessi. 
Se mettessimo in fila i nostri oggetti troveremmo le ore e i minuti di ogni cosa, di quando il tempo era solo davanti. 
Sto guardando il mio lampadario nuovo ed è come se una luce amica mi sfiorasse. 
Potremmo fare delle belle cose io e te.
Mi viene da pensare sotto questa luce. 
Potremmo fare dei bei discorsi io e te, mi viene persino da leggere sotto questa luce. 
Ma vedi come ci si mette la vita? 
Come una sentenza storta e non ti fa passare nè di qua nè di là."


Ascoltavo questa canzone, sta mattina. 
Ascoltavo noi, senza che tu lo sapessi. Senza che nemmeno io, avessi capito.
E' una questo di esse e di gi. 
Di lettere che si mescolano e compongono parole come: noi, Pesaro, insieme, vita, amore, ti e poi voglio e ancora bene.
E come si può voler bene ad una donna se passi giorni senza farti sentire? 
Senza sapere se il suo cuore batte, se è felice, se è caduta dentro le braccia di altri? 
Come si può voler bene ad una persona che non si vuol vedere?

La speranza non basta più e forse voi siete tutti un po' finocchi. 
O forse avete ragione voi. Solamente.
Quelle parole di prima suonano talmente bene insieme che è troppo. Anche per loro.

E' questione che le lettere si sprecano dopo essersi mescolate, amate, sfiorante, baciate e annusate. 
E' questione che mi manchi schifosamente e sono passati anni dall'ultima volta che non so più come  è il tuo respiro quando dormi, quando so che sei lì con me e mi proteggi, che poi da cosa non so.

Ho perso gli occhiali, erano sul tavolo della cucina e quando mi sono svegliata oltre agli occhiali avevo perso anche te e me.
Non c'era più nemmeno l'immaginario di noi. 
Chiuso in una scatola e portata di sopra, nelle cose dimenticate, nell'anticamera del cassonetto.
Stanno li le cose prima di finire nel bidone, quello fuori, al freddo. 
Passano un paio di mesi lì e poi finiscono in qualche altra casa e tra altre mani.

Sognarci, è finito. 
Mai dolore fu così forte. 
Mai dolore fu così ammazza fiato.
Tu, noi, voi, essi. 
Tutto in mezzo minuto, la parola famiglia ha preso fuoco e tu non ci sei più. Non nella mia.

La sentenza storta, di traverso che non mi faceva più passare, era la mia testardaggine convinta che l'amore mio, fosse stretto tra le tue mutande.

E' bastato ritrovar gli occhiali per ritrovarti nascosto tra i miei capelli. 
Ho ritrovato noi, negli occhi degli ultimi sposi. E allora ciao.

Ho scritto cose a caso, non so bene nemmeno io, ma ho messo tutto quello che volevo.

Ho scritto la lettera a Babbo Natale. 
Speriamo mi porti qualcosa di quello che ho scritto. 
Ciao Babbo. 
Ciao Natale.
Ciao a tutti, io vado.
Vado a festeggiare la mia disoccupazione natalizia.
Che mi mette sempre di buon umore.
Sempre.

Che poi io disoccupata non sono. Sono noiosa. Ma disoccupata no. Dai.

martedì 4 dicembre 2012

"La chimica, bisogna ascoltarla."

"M'innamoro cinque o sei volte al giorno."
Ripeteva l'uomo appoggiato alla porta con la giacca.
"E tu? Quante volte t'innamori, eh?"

Lei abbassò lo sguardo e cercò di nascondere quanto più poteva il rossore sulle guance. 
S'innamorava troppo spesso, più di qualsiasi altra donna dalle scarpe rosse. 
Passeggiavano per le vie della città, abbracciati ad un freddo polare che lasciava nuvole di fumo ad ogni respiro.

"Divento noioso e parlo solo io, frenami!"
"Frena."
"Sto zitto?"
"No, frena la macchina."
"Ah."

"Chiacchieri troppo signor VendoDentifriciAncheAiNeonati."
"Se non chiacchiero io, tu stai in silenzio. E il silenzio non è bello."
"Qualche volta basta solo guardare un po' di più."
"Qualche volta mi rompi il cazzo."
"Tipo quando ho ragione?"
"Tipo, si."

"Hai pensato a dove mi porterai giovedì?"
"Cos'è giovedi?"
"E' una settimana da quando mi hai fatto sbattere la testa."
"Quindi?"
"Quindi, si deve festeggiare."
"Cosa c'è da festeggiare?"
"Per festeggiare bisogna avere una motivazione, sempre?"
"No."
"E allora perchè fai storie?"
"Perchè volevo vedere dove andavi a parare e quanto ci mettevi per far venire fuori la donna scassacoglioni."
"Non provocare, ragazzo."

Mangiarono, Fleur e l'uomo, qualcosa di indefinito. 
Rincoglionirono la bionda che sembrava  felice di giovani in un posto per vecchi. 
Ordinarono Martini, ed erano d'accordo, sembravano in vacanza in un giorno qualunque, in una città familiare.
Parlarono, talmente tanto che la gola si seccò e il gran chiacchierone, rimase in silenzio.

"Il tuo silenzio parla da solo."
"Cosa dice?"
"Che ti sei rilassato e non hai bisogno di dire cose stupide."
"Dico cose stupide?"
"Ogni tanto."
"Quindi adesso parli tu?"
"No. Adesso stai zitto, per cortesia."

Guardarono il cielo e le mani cominciarono a scaldarsi. 
Per un momento, la chimica venne messa da parte.