lunedì 4 febbraio 2013

Ho perso un guanto

Istruzione per l'uso:
non lo so,
cercavo qualcosa di dolce,
malinconico,
tranquillo.


Passare dai calzettoni di lana e pantofole calde, alle calze ricamate e tacco, è altamente pericoloso se pensi di aver bisogno di respirare aria fresca e se soprattutto è Febbraio e fuori ci sono sedici gradi.

Non c'ho pensato tanto, ho guardato l'orario e con un braccio già dentro il vestito e un piede smaltato ero in macchina.

"Vado alla presentazione del libro e poi non so, non torno tardi!"
"Tardi, cosa vuol dire?"
"Che torno presto."
"Hai ancora mal di testa?"
"Un po', ma mi passerà."
"Copriti che è freddo."
"Mamma! Sono 16 gradi! Secondo te? Come sto?"
"La mamma certe cose le sa! E stai bene, perfetta."

Così, sono volata via. E mentre respiravo aria calda di Febbraio, riflettevo a quanto non posso lasciare questi posti, queste colline, queste strade e questi paesaggi.
Avevo le labbra dipinte di rosa, una rosa lucida. 
Mentre le nuvole mi passavano affianco e i campi incolti si disperdevano sotto il mio sguardo, mi son chiesta se quando sarai qui o sarò lì, sarà la stessa cosa. 
Se riuscirò ad uscire da sola con la città. 
Se sarò in grado di camminare con i miei tacchi e fermarmi a leggere le vetrine alle ventidue di un venerdì sera, senza aver paura.

Pesaro è grande ma non abbastanza da averti qui e forse nemmeno la tua città è abbastanza grande per me. Ho smesso di chiedermi come sarà, immagino e spero che il destino non si fermi qui e continui a portarci avanti in una danza decisa e dolce.

Vado in macchina senza radio, è rotta, allora canto. Parcheggio e intanto passo lì davanti, incrocio lo sguardo, sorrido e prometto di tornare, dopo la presentazione.
Ascoltare il corpo, lasciar andare la razionalità che voleva tenermi a casa "perché tanto non c'è nessuno" è stata la cosa più intelligente che potessi fare in questo periodo di cambiamenti.

Ascoltare i nuovi autori, guardare visi in protesta e una sala vuota, mi ha lasciato un dolce sapore in bocca.

Sapore coccolato da un vino bianco fermo e fruttato. La serata è cominciata così con un'amica che va a teatro e io che mi fermo ancora a bere vino bianco da sola, in un simpatico bar del centro.
Rido, mi tengo compagnia e decido di chiamare qualcuno.
Aspetto, scrivo e sorrido.
Musica assordante con vicini di tavolo che mi guardando curiosi di leggere e capire la mia solitudine. Una ragazza mi sorride, ricambio e continuo a scrivere. 
Un uomo curioso chiede e mi da appuntamento, proprio quando l'altro ha risposto e detto: "un'ora e arrivo.".
Sorseggio e penso che forse una passeggiata fino al mare mi avrebbe fatto bene. E così faccio. Cammino, leggo le vetrine, sistemo il trucco e cammino ancora. Mi siedo nella panchina più scomoda per respirare l'aria di mare e sentire il suo rumore, non vuole lasciarmi sola e sbatte le sue onde sugli scogli.
Musica classica si diffonde nell'aria, esce dall'albergo, mi fermo ad ascoltarla e un signore mi scopre, tra un tiro e l'altro della sua sigaretta, mi parla.

"Una signorina con un paio d'occhi così, cosa ci fa qui sola?"
"Aspetto e ascolto."
"Le posso offrire un bicchiere di vino? Ha voglia di entrare?"
"No grazie, non voglio disturbare."
"Entri perfavore, non è freddo ma non posso lasciarla qui sola e io devo lavorare."
"Si, forse ha ragione."
"Le dica che è qui a quell'uomo che aspetta e appena arriva, le prometto che la lascerò andare."

Sorrido ed entro scortata da un pinguino-barman che mi offre del vino bianco.
Parliamo, gli racconto e mi chiede come mai la canzone che sta uscendo dalla filodiffusione mi fa incantare.

"E' solo il buon vino."
"Non è vero. Lei s'intende."
"Un vecchio amore, che sembra tornare."
"...la danza classica?"
"Esatto. Le scarpette con le punte e i mille vestiti di tulle. Credo di sentirne la mancanza."
"E perché non ricominciare?"
"Perché non lo so."

Così l'uomo arriva, interrompe una chiacchierata, sorrido, ringrazio, faccio un inchino e raggiungo il mio appuntamento ritardatario seduto sulla mia stessa panchina scomoda.

"Tra le tante, hai scelto quella più scomoda!"
"Così camminiamo."

Nessuno può capire quanto belli siano, il mare e la Palla di Pomodoro, alle ventidue.
Due anni, son passati da momenti come questo e in questa serata si respira sincerità tra noi.
Parlavi, ridevo, parlavi, facevi il difficile, cercavi contatto e ridevo.
Il lago, la settimana sul monte, una birra e i compagni di una vita che cambiano.

Noi che ci salutiamo con un abbraccio, promesse che non manteniamo nè adesso nè domani. 

"T'accompagno alla macchina?"
"No, grazie. Faccio due passi."
"Ehi, grazie per avermi fatto uscire."
"Di niente, avevo bisogno di te."

"Ciao ragazzo."
"Ti chiamo domani."
"Ciao!"

Chiamo l'amica e torno a casa ubriaca di ricordi e di sorrisi.
Senza un guanto.

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